Addio alle agevolazioni per le auto d’epoca di venti anni.
Che la legge di stabilità del Governo di Matteo Renzi sottoposta all’approvazione di Camera e Senato non sia piaciuta a tutti è facilmente riscontrabile dai tanti malumori che ha provocato non solo tra i banchi dell’opposizione, ma anche all’interno della stessa maggioranza. Sono però i proprietari di auto d’epoca tra quelli che avrannno maggiornamente difficoltà ad accettare i provvedimenti dell’esecutivo di centro sinistra. Passeranno dai venti ai trenta, infatti, gli anni di anzianità che un’autovettura dovrà avere per essere considerata “auto d’epoca” usufruendo così del diritto di accedere a forti agevolazioni riguardo il bollo auto e la polizza assicurativa.
Lo scopo ufficiale della legge è quello di evitare la proliferazione di tante “finte auto d’epoca” che ormai da anni circolano liberamente per le strade del nostro paese. Una vera e propria beffa però per i tanti collezionisti che ormai da tempo aspettavano con ansia lo scoccare del fatidico ventesimo anno per considerare la propria autovetture tra le “auto d’epoca”. Un amore per il proprio mezzo di locomozione considerato da molti come parte della famiglia o come un semplice ricordo degli anni della propria gioventù. Vedersi allungare i tempi di oltre dieci anni è sicuramente un boccone difficile da digerire per molti italiani che con questo provvedimento potrebbero decidere di vendere la propria auto. L’Asi, acronimo che sta per Automotoclub Storico Italiano, considera moto o auto d’epoca tutti quei veicoli a motore che abbiano compiuto vent’anni (autoveicoli, motoveicoli, ciclomotori, veicoli militari, macchine agricole e industriali, veicoli commerciali, natanti ed aeroplani), valorizzandone l’aspetto culturale, che deriva dal fatto che questi mezzi sono stati protagonisti attivi e insostituibili della storia del Ventesimo secolo, esprimendone l’evoluzione tecnica, di costume e sociale. Cinquantasei milioni di euro sarebbe sempre secondo l’Asi, il ricavo di cui lo Stato italiano potrebbe beneficiare con la manovra a fronte, però, di un perdita ben maggiore. Meno spese di manutenzione a danno di carrozzieri, ricambisti, distributori di benzina, meno impiegati nei club storici in giro per il paese, meno revisioni e meno raduni: insomma tutti mancati introiti per gli operatori nel settore e di conseguenza, per lo stato italiano.